martedì 31 dicembre 2013

Sono troppo piccol@ per andare a scuola?

Traduzione a cura di Mamma Artigiana  Para leerlo en español pinche aquí


E' maturo o matura emozionalmente per separarsi dal vincolo affettivo durante diverse ore e scolarizzarsi? E' il "suo" momento maturo per fare questo salto, con la soddisfazione di riuscirci, senza farsi male? Saluta con tranquillità e sicurezza la figura materna (o persona sostituta)? Oppure al contrario, piange sconsolatamente, impaurito e sbalordito,
di fronte ad una separazione non scelta e di fronte a tanti nuovi "amichetti" in uno spazio anch'esso nuovo e con una nuova insegnante?
Queste sono alcune tra le riflessioni prioritarie che dovremmo porci quando si difende il termine di "diritto alla scolarizzazione" nei bebé, bambini e bambine da 0 a 3 anni. Diritto di chi?

La maggior parte di essi, con ciucci e pannolini, affrontano una situazione alquanto nuova, di stress intenso, tradotto in esplosioni di pianto, sconsolazione, disperazione, fino ad apatia e rassegnazione. Chi dubiti di questa affermazione, che si prenda la briga di ricorrere all'inizio della scolarizzazione ed osservare qual'è lo stato emozionale dei piccoli in cui non esiste il periodo di inserimento prolungato. Chi ne dubiti, che chieda ai suoi bambini se vogliono tornarci il giorno dopo.

Che chiedano agli insegnanti come vivano le richiesta di tante braccia reclamando la loro attenzione. Che chiedano ai padri ed alle madri che li lasciano lì ed escono di corsa per non sentire la loro disperata chiamata. Colpevoli? Nessuno! Non si tratta di colpevolizzare, se non di riflettere e porre rimedio affinché nessuno ne esca pregiudicato. I primi che hanno diritto a non soffrire sono i più vulnerabili: bebè, bambini e bambine. I secondi che ne hanno dritto sono le madri e i padri (che senza base formativa sufficiente credono che è meglio per i loro figli). Perché è il diritto al lavoro e l'assenza di riconoscimento sociale della maternità/paternità che ha reso incompatibile la maternità/paternità ed il lavoro. I terzi che hanno diritto sono maestri e maestre, che si vedono impotenti di fronte a classi di 18-24 creature che si lamentano.

Soluzioni? Adeguiamo le leggi proteggendo l'infanzia e riconoscendo la maternità/paternità come una funzione sociale, fondamentale per il futuro della società.
Come? In qualità di professionista della salute, psicoterapeuta di adulti e coinvolta nella prevenzione infantile, prospetto che è evidente che la società stia cambiando, e lo fa vertiginosamente, esigendo rapide risposte di adattamento all'intorno sociale.
Verso dove? C'è una domanda chiave: dobbiamo sottomettere il piccolo o la piccola a stress per adeguarli allo sviluppo sociale, ignorando le ripercussioni posteriori di questo modello sulla salute mentale della popolazione? Vogliamo rassegnarci ai ritmi imposti dall'esterno, ogni volta sempre più inumani?
Sta di fatto che la società stabilisce una dicotomia artificiale tra l'opzione della maternità ed il diritto al posto di lavoro. Pretendere di portare avanti simultaneamente ambedue le funzioni, comporta uno stress innecessario per il sistema familiare, che vive la necessità di cercare alternative di accudimento dei suoi figli. In altri paesi europei la donna (o sua sostituta), che opta per la maternità, vede retribuita la sua funzione materna, senza danni al suo posto di lavoro.

In questa maniera non c'è conflitto delle due funzioni che le corrispondono con ugual diritto, dando temporalmente priorità ad una senza danneggiare l'altra. Cioè una maternità retribuita per 2-3 anni.

Per finire: il sistema sociale cammina verso l'istituzionalizzazione dei bambini. Con eccellenti servizi, però attribuendo l'educazione ogni volta ad età sempre più piccole. La difesa della socializzazione infantile si sta convertendo in un'arma a doppio taglio: è un vero diritto che emerge quando il bimbo o la bimba ha soddisfatto le sue necessità di dipendenza intensa durante i primi due o tre anni di vita, e non quando la società detti che è arrivato il momento. Un bebè di pochi mesi non ha bisogno di socializzare perché la sua immaturità biologica ed emozionale lo impedisce. 
Per cui la fretta è sua o nostra? Di fronte alla progressiva istituzionalizzazione delle creature, si sono fatti studi in alcuni paesi che dimostrano che non solo è più economico per lo Stato, ma anche salutare per lo sviluppo globale dei piccoli, valorizzare e riconoscere la funzione temporale delle creature (nel primo anno di vita), piuttosto che creare asili nido per tutti.

Non solo è più desiderabile, ma anche più fruttuosa la prevenzione della salute integrale durante l'infanzia, che tutti i successivi programmi preventivi e terapeutici nell'età adulta.  Prendersi cura della prima infanzia, specialmente nel periodo  0-3 anni, è cruciale per lo sviluppo salutare psico affettivo individuale e della comunità. Quest'ultima, nel suo insieme, dovrebbe assumersi la responsabilità di potenziare la salute infantile e trasformare le leggi lavorative senza travolgere le necessità dei più vulnerabili, i bambini e le bambine. In questa maniera preserveremo la salute sociale dell'adulto di domani. 

Yolanda González

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